Capita a tutti, prima o poi. Ti trovi davanti un ostacolo grande come
una orrenda montagna. La guardi, e intuisci che hai due sole strade:
fuggire, se puoi; oppure, affrontare la scalata. Ma almeno i ramponi
li devi avere se ci vuoi provare, e anche i nervi saldi e i muscoli
d'acciaio. E se non li hai, e sei rimasto in braghe di tela, può
darsi che ti sogni di farcela comunque. E allora, o sei uno stupido,
oppure sei malato della sindrome dell'eroe mancato che dorme in noi.
Che non siamo eroi, come non sono eroi i personaggi che vediamo sulla
scena. Eppure è proprio a loro, alla loro piccola comunità
che, in un certo giorno della vita, ad una certa ora, in un determinato
luogo, viene richiesta una prestazione grandiosa. E sono al bivio:
affrontare la sfida, o morire. E per di più sono rimasti in mutande.
Doppia tragedia, tanto assurda che ci scappa da ridere. E infatti la
risposta non può che essere grottesca. Così rispondono
loro. E noi ridiamo. Felici di non essere nei loro panni. E nel morbido
velluto che ci avvolge forse ci sfiora appena il dubbio che le loro
tragedie non siano solo il terreno di riserva di un piccolo gruppo di
miserabili sfortunati. La loro situazione, è vero, è estrema,
ma riflette, su scala minore, la condizione comune degli uomini, che
nel corso della loro vita, si trovano spesso di fronte a difficoltà
da superare; e tutti cercano di aggrapparsi al chiodo della speranza
che si presenta in forma di opportunità, ovvero, come dice il
titolo, di scians. Ed è lì, nella scians, che ci si gioca
l'inizio della fortuna, o la fine della speranza.