Si ringrazia Silvano Sbarbati per il permesso di riproduzione del terzo capitolo e del quarto capitolo del libro Parole Contente, edito da L'Orecchio di Van Gogh (6 euro).

Parole Contente: La scrittura non Creativa

di Silvano Sbarbati

 

3. GETTARE LA SCRITTURA SUL FOGLIO

A questo punto, [...] si consegnano gli strumenti per scrivere. Sono:

- fogli di carta bianca, formato A4

- una penna a sfera di inchiostro nero

- un supporto rigido su cui appoggiare i fogli

 

Perché fogli bianchi e penna a sfera nera? Perché il nero-sul-bianco è il massimo della visibilità del segno. Carta bianca senza righe ne quadretti per lasciare libertà di impostare il segno grafico della scrittura senza avere limiti. Penna a sfera perché scorre veloce.

Poi le regole. Si deve scrivere:

 

- senza pensare

- senza fermarsi mai

- senza interrompersi mai

- senza tornare mai indietro

- nel tempo che viene stabilito dal conduttore

 

Se pensiamo, è diffìcile parlare: lo facciamo prima. Se scriviamo, avremmo pensato prima, almeno un lampo prima, ma prima che il testo appaia sul bianco del foglio.

Il gruppo, a questo punto, mormora, consapevole che il gioco si fa pesantemente coinvolgente per ciascuno; e ciascuno - ormai l'ho scoperto dopo tanti anni e tanti laboratori - mentalmente rivive il suo passato di scrittore. Dai banchi di scuola alle prestazioni più o meno felici o riuscite relative al lavoro, alla professione, alla vita affettiva. E la domanda è subito pronta: che cosa scriviamo? Già, nessuno apparentemente contesta queste regole che ribaltano più o meno le indicazioni scolastiche che tutti si portano dietro, a meno che non abbiano frequentato corsi di scrittura creativa (ma questo è un altro discorso...). È come se dovessimo scrivere di getto. Qualcuno si azzarda a dirla, la parola: di getto. Gettare qualcosa sul foglio, sporgersi, andare su terreni inesplorati. E in quanto tempo, si dovrà scrivere? Già. Il tempo. Due minuti.

No. Scherzi. No, bisogna scrivere in due minuti a partire da una "parola tema" che è CASA. Semplicemente casa. Dobbiamo metterci la parola casa o descrivere la nostra casa? Non rispondo mai a queste domande, mantenendo una faccia impassibile fino a quando qualcuno capisce e dice agli altri: dai, non vedi che non risponde? Scriviamo e basta. Dico via, come uno starter, battendo le mani e sempre battendo le mani comunico che il tempo è finito. Stop. Adesso si legge quello che è stato scritto. Ciascuno legge al gruppo il proprio testo.

 

Qualcuno non scrive. Succede che qualcuno rimanga, nel silenzio concentrato di un gruppo che scrive, che rimanga anche lui o lei in silenzio, ma fermo, immobile. Prova a mettere la penna sul foglio, e la muove, ma si capisce che non riesce a partire. Paura del foglio bianco? Paura di avventurarsi in ter-ritori rischiosi per ansia performativa? Semplicemente è una questione di frizione. Una volta accettata la possibilità che "qualcuno " possa non trovare subito la strada della scrittura con queste regole dell'improvviso; una volta che tutti gli altri ne prendono atto, bisogna farci i conti, parlandone con serenità. Si tratta della frizione, dico, usando una metafora inventata per far capire meglio l'idea ai miei adolescenti. Tu accendi la chiave dello scooter, dai gas, il motore gira e romba, ma se non stacchi la frizione resti fermo. Così la scrittura: tu pensi alla CASA, la tua, quella che immagini degli altri, credi che sia stupido parlare della casa in due minuti, e guarda che roba mi tocca fare, insomma poi sembrava facile scrivere di una casa eppoi di quale casa vorrà che io scriva? Tu pensi alla CASA e se non decidi di fare andare la penna sul foglio il pensiero funziona come una accelerazione del motore fine a stessa, senza spinta. Se pensi CASA e basta non decidi di scrivere CASA correndo il rischio di trovare una CASA che magari non conosci o che non vorresti avere mai conosciuto. Se pensi non scrivi.

Queste semplici considerazioni bastano a chiunque per farlo decidere a scrivere, alla prossima parola tema. Oppure per farlo decidere a lasciare il gruppo una volta per tutte, ci si alza e via, al primo momento di confronto "duro" con la scrittura.

 

4. LE PAROLE TEMA

Proporre una parola tema e non un tema da svolgere è una piccola ma significativa rivoluzione. Con una singola parola, soprattutto sostantivi dal forte potere evocativo (- casa - sasso- erba - acqua etc.) si riesce a motivare alla scrittura anche chi ne ha perso l'uso, dopo la scuola dell'obbligo. Anche i cosiddetti analfabeti di ritorno. Credo che questo possibilità di mettere in condizione ogni alfabetizzato di scrivere un testo derivi dal fatto che una singola parola mette meno soggezione. L'enunciato di un tema propone un pensiero, un concetto articolato di cui bisogna tener conto "pensandolo" prima di tutto; pensare, mentre si dovrebbe scrivere, impedisce la produzione del testo, qualsiasi esso sia: tanto il tema da svolgere è una parola piuttosto normale, semplice dal punto di vista semantico.

 

Da "casa" a "mia casa", il passo è lungo. Infatti succede molto speso che la maggior parte delle persone accedano quasi immediatamente alla propria immagine della casa. Proporre loro, appena qualche minuto dopo, di tornare ad occuparsene con il pronome "mio " è una vera e propria spinta nel territorio della consapevolezza di ciò che la parola rappresenta veramente. Il pronome personale fa esplodere, dal punto di vista della evocazione - come sempre, la riservatezza di ciascuno verso se stesso: e la scrittura che ne viene fuori comincia, quasi per un miracolo, ad interessare anche lo stesso autore. Egli, leggendosi e leggendo il testo a tutti i partecipanti del laboratorio, velocemente acquista un senso di sicurezza: è possibile, si dice, è possibile che io qui e ora produca qualcosa che inte ressa me (scoprendosi nuovo ed interessante...) e interessa anche gli altri. Autostima come prima ed autentica possibilità di confrontarsi anche con il testo altrui, rispettandolo e valorizzandolo per quanto dice al lettore. Il gruppo, dopo il lavoro sulle parole tema, supera la diffidenza verso la scrittura e la lettura ad alta voce. Andare e venire dentro e fuori la scrittura e la lettura. Un movimento che viene fatto nella scomodità fisica di quindici sedie in cerchio e di fogli bianchi per scrivere appoggiando un supporto rigido sulle ginocchio. Tutti, dopo i primi "giri" si mettono in ascolto, aspettano la sorpresa di mettersi in gioco in altri modi, sempre più impegnativi, accantonata la diffidenza e innescata la curiosità di chi è spettatore in un cerchio-circo dove anche lui stesso è artista-protagonista.

 

Una bibliografia ragionata di Silvano Sbarbati

Laboratorio di scrittura creativa, di Silvano Sbarbati